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Superstizione e realtà

Francesco Ferraironi

Superstizioni e realtà

Dominici Editore, Imperia, 1988, pagine 132, euro 10,40.

É purtroppo l’unico testo specifico sul tragico caso delle streghe di Triora ed inoltre non è distribuito a livello nazionale ma solo nella provincia di Imperia, per cui posso recensirlo con grave ritardo dopo essere venuto in possesso di una copia tramite un libero pensatore di Sanremo.

Nel 1587 giunsero a Triora due inquisitori, un frate domenicano e un sacerdote diocesano, e misero in piedi un processo contro 13 disgraziate donne del paese, tra cui una minorenne, con le solite immaginarie accuse di aver venduto l’anima al diavolo, avere fatto malefici ecc. Le accusate furono gettate in carcere in isolamento totale e sottoposte a vari gradi di tortura consistenti in:

– tortura della veglia, ben illustrata nel testo da un eloquente disegno, in cui la vittima era posta a sedere sopra uno spuntone di legno con gli arti tirati da funi in modo che qualsiasi movimento provocasse spasmi dolorosi in sede rettale o alle articolazioni

– tortura del cavalletto, per cui la vittima era distesa su un’asse con pesi legati ai piedi e arti superiori legati a una fune arrotolata, che si poteva tirare su ordine dell’aguzzino in tonaca;

– depilazione totale per agevolare l’ispezione ad opera dei sacerdoti alla ricerca dei “marchi demoniaci”.

Delle tredici arrestate 8 furono torturate, quattro confessarono alla sola vista degli spaventosi strumenti di tortura, solo alla minorenne fu risparmiata ogni sofferenza corporale diretta.

Alcune furono torturate sia dall’Inquisizione clericale sia nel corso di ulteriori interrogatori fatti da un “molto cattolico” giudice laico inviato dal governo della Repubblica di Genova. Gli Anziani di Triora inviarono più lettere di protesta contro tali crudeltà. La paura della tortura indusse una delle arrestate a gettarsi dalla finestra dopo le prime due sedute di sevizie. Il testo riporta, nel capitolo intitolato “Straziante vicenda”, i verbali originali delle torture da cui traspare in maniera inequivocabile la natura disumana della chiesa cattolica romana che per secoli la praticò. Nel frattempo altre otto donne furono arrestate e seviziate dall’Inquisizione nei paesi circostanti Triora il che porta a ventuno il totale delle donne imprigionate. Di queste, diciotto furono deportate a Genova per le fasi finali del processo i cui incartamenti furono inviati alla Santissima Romana e Universale Inquisizione di Roma: delle tre rimanenti una era morta suicida come si è già detto, una era la minorenne che fu affidata ad un istituto, la terza morì per cause naturali forse a seguito delle sevizie subite (manca il verbale di morte e l’autopsia).

Il prolungarsi della detenzione a Genova provocò la morte di altre cinque donne che quindi non poterono godere della libertà loro concessa dopo due anni di carcere e sevizie varie. Infatti il riesame delle carte processuali a Roma e Genova evidenziò chiaramente che tutta questa tristissima vicenda non era altro che una meschina montatura diffamatoria di malelingue di paese accreditata da preti fanatici e/o incapaci.

Intanto però sei donne erano morte in carcere per colpa di assurde superstizioni avvallate dai papi nelle loro bolle, dalla Bibbia in alcuni passi, dai frati inquisitori domenicani e da giudici laici loro creduli complici.

Piero Marazzani, aprile 2004