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La vicenda letteraria e politica di Fonseca Pimentel

Elena Urgnani

La vicenda letteraria e politica di Eleonora de Fonseca Pimentel

La Città del Sole Editore, Napoli, 1998, pagine 380, lire 44.000

È un ottimo testo di approfondimento storico e letterario sulla figura di questa patriota, appartenente a quel filone risorgimentale del cristianesimo democratico e di sinistra che diede, in seguito, altri martiri come il prete Ugo Bassi, fucilato dagli austro-pontifici, i frati che parteciparono alla spedizione dei mille, i cento preti fucilati dai nazi-fascisti durante la Resistenza. Ma già tra i suoi contemporanei il testo ne cita due: il prete repubblicano Michelangelo Cicconi, impiccato dai borbonici per aver scritto un libro che anche la Fonseca Pimentel avrebbe sicuramente sottoscritto, “La Repubblica spiegata con il Santo Evangelo”, e il sacerdote Antonio Jerocades, repubblicano antipapale, che finì in carcere e poi in esilio. La stessa Fonseca Pimentel fu impiccata insieme ad un vescovo e ad un prete che avevano sostenuto la Repubblica Partenopea del 1799.

La Fonseca Pimentel era la tipica intellettuale illuminista del ‘700 aperta al progresso, alla scienza, alla critica: proveniva, oltretutto, da una famiglia portoghese che aveva sostenuto in passato l’antigesuitismo del proprio Stato fino ad essere espulsa da Roma per finire a Napoli. In questa città non mancavano gli spiriti inclini alla critica antipapale, anticlericale e perfino antireligiosa, tanto è vero che solo qui si tenne l’unico “processo agli atei” della storia dell’Inquisizione italiana.

Il Regno di Napoli era stato per secoli considerato un feudo della Santa Sede ed i suoi regnanti erano obbligati a mandare ogni anno una cavalla che doveva inchinarsi davanti al papa, da cui il nome di chinea, oltre ad un lauto censo in oro. La Fonseca Pimentel traduce in italiano un testo antipapale in latino dal titolo “Niun diritto compete al Sommo Pontefice sul Regno di Napoli” e scrive personalmente un sonetto in napoletano.

Nel testo emergono vari misfatti clericali:

  • l’evirazione dei maschietti per farne cantanti soprano era diffusa nel napoletano, questi disgraziati finivano non solo nei teatri ma anche nelle cappelle, dove era severamente vietato il canto femminile
  • la servitù della gleba era ancora presente nelle campagne, gli obblighi feudali di origine medievale erano ancora del tutto legali
  • la legge salica vietava tassativamente alle figlie femmine del re di succedere al trono anche se primogenite o senza fratelli
  • l’evidente complicità del cardinal Ruffo nelle stragi contro i giacobini napoletani, che dovettero subire atrocità innominabili al grido di “viva Maria”
  • la spietata censura sulla stampa che era in vigore nel Regno di Napoli, ovviamente tutti i censori erano preti. L’unico Stato che concedeva una certa libertà di stampa era Venezia, avendo l’accortezza di pubblicare testi sgraditi alla Chiesa con una falsa indicazione del luogo di edizione.
  • Purtroppo quasi tutti gli scritti di Eleonora Fonseca Pimentel sono stati bruciati dai borbonici subito dopo la sua morte: è l’ennesimo crimine clerico-aristocratico contro la libertà di pensiero.

Piero Marazzani, dicembre 2000