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La libertà al tempo dell’Inquisizione

Davide Canfora

La libertà al tempo dell’Inquisizione

(antologia di documenti dal 1252 al 1948)

Teti Editore, Milano, 1999, pagine 167, lire 20.000

Con vivo piacere presento questo nuovo testo dell’editore milanese Nicola Teti che affronta in un’ottica antirevisionista la questione dell’Inquisizione. Infatti alcuni personaggi in malafede o male informati hanno cercato, con libri e articoli sulla stampa, di “riabilitare” questa barbara istituzione.

Il regime teocratico che esprimeva l’Inquisizione era disumano, omicida, fatto apposta per terrorizzare il popolo e indurlo a quel tipo di religiosità degenerata, ipocrita e superstiziosa tipica del cattolicesimo romano: gabellare fenomeni psicosomatici e di autosuggestione singola o collettiva per miracoli, indurre alla fanatica adorazione di pezzi di legno o di ceramica, sentire la messa e assistere in ginocchio alle processioni.

Il testo ci informa su misfatti poco noti dell’Inquisizione:

  • falsificazione dei verbali degli interrogatori per incastrare meglio gli inquisiti
  • l’abiura estorta perfino ai fanciulli figli di eretici
  • il trucco di interrogare privatamente gli eretici più agguerriti e preparati e in pubblico quelli più semplici e terrorizzati dal rogo e dagli strumenti di tortura
  • l’oltraggio alla dignità dell’inquisito è giustamente messo in rilievo dall’autore con riferimento alle autocritiche pubbliche in ginocchio e agli abitelli con raffigurazioni diaboliche
  • le terribili condizioni di vita in certe carceri dell’Inquisizione non hanno nulla da invidiare ai lager nazisti, erano dei veri e propri campi di sterminio.

Non mancano ovviamente i riferimenti alle atroci torture cui erano sottoposti gli eretici: con ammirevole senso di pietà cristiana e ispirati ai più alti valori dell’umanesimo cattolico gli inquisitori a loro arbitrio la tortura della corda, provocando lussazioni, distorsioni e fratture, quella del fuoco, cagionando terribili ustioni, o dell’acqua fatta ingoiare, soffocando la vittima fino a lacerare i visceri interni. Non é un caso che il papato mise subito all’Indice il libro di Cesare Beccaria contro la tortura: l’autore stesso si trincerò dietro un rigoroso anonimato per paura di finire arrestato e torturato dall’Inquisizione. Alla fine dei processi inquisitoriali se l’eretico si pentiva c’era il carcere perpetuo a discrezione del giudice o una libertà provvisoria sotto il continuo controllo delle spie dell’Inquisizione. Se invece l’eretico persisteva nelle sue opinioni lo attendeva il rogo ed é difficile un modo più sadico di mandare a morte qualcuno. Tale metodo liberava poi per sempre dal rischio che la tomba dell’eretico divenisse un punto di riferimento o meta di richiamo: le ceneri dei condannati erano sempre disperse al vento e a Roma venivano gettate nel Tevere.

Infine non dimentichiamo che l’Inquisizione esiste ancora oggi all’interno della chiesa cattolica: la sua massima pena si limita alla scomunica, per i religiosi all’espulsione dal loro stato clericale, per gli insegnanti delle università cattoliche al loro licenziamento. Fino al 1984 la condanna comportava il licenziamento per i dipendenti dello Stato.

Piero Marazzani, 2000