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Falsa Clercia

Sergio Vatteroni

Falsa Clercia

(La poesia anticlericale dei trovatori)

Edizioni dell’Orso, Alessandria, 1999, pagine 186, lire 30.000

È un importante testo che ci riporta alle radici storiche dell’anticlericalismo: contiene forse i più antichi scritti anticlericali dell’occidente europeo. Da segnalare la bibliografia molto ampia con circa 250 titoli.

Gli argomenti trattati sono un autentico catalogo dei crimini del clero medievale: avidità, lussuria, falsità, omicidi e massacri, ipocrisia, simulazione di santità, roghi di libri ecc.. Nessuno è risparmiato: preti, frati, vescovi, cardinali e papi, tutti ricevono la loro parte di invettive satiriche. Anche i misfatti dell’Inquisizione sono denunciati, con particolar riguardo alla sistematica ricerca e distruzione di ogni scritto ereticale: basti pensare che ci è giunta solo una breve preghiera dei catari che però basta per evidenziare alcuni legami con la poesia anticlericale dei trovatori provenzali.

Gli autori delle poesie anticlericali trattate in questo testo sono attivi subito dopo le tragiche crociate contro i catari, che portarono a spaventosi massacri. L’anticlericalismo di matrice ereticale si mischiava con quello municipalistico, volto ad affrancare città e contadi dalle rapaci signorie ecclesiastiche di ricchi vescovi ed opulente abbazie.

I trucchi usati da certi missionari nel secolo XX per attirare offerte erano impiegati anche allora: si fingeva di darsi da fare per i poveri ma poi si impiegavano le elemosine per il lusso del clero o per arricchire i templi.

Roma era il centro del male, la fonte del clericalismo più avido e ipocrita per cui abbondarono i componimenti contro questa città, sede del papato, descritta come la radice di tutti i mali del mondo.

Un misfatto tipico del Medioevo era il doppio gioco con gli usurai i quali venivano aspramente condannati dal clero in vita, salvo poi essere perdonati in punto di morte dopo aver ovviamente lasciato al clero tutti i loro averi. L’incoerenza totale tra il messaggio evangelico e il reale comportamento del clero è il comune punto di partenza di quasi tutti i componimenti, che quindi hanno sempre un certo carattere moralistico.

L’anticlericalismo di questi scritti non è contro la religione ma soprattutto rancore verso chi tradisce tutti i giorni il messaggio evangelico: i papi in primo luogo. Da rilevare come l’autore impiega il termine “anticlericale” almeno cento volte nel testo e qualche volta anche il termine più raro di “antisacerdotalismo”.

Purtroppo la cultura anticlericale occitanica fu del tutto distrutta dall’Inquisizione: gli unici sopravvissuti furono i valdesi che cercarono rifugio sulle Alpi tra Italia e Francia, in Calabria o disperdendosi per l’Europa. Ma i semi del libero pensiero non morirono del tutto nel sud della Francia. Specialmente la zona di Nimes fu uno dei centri della Riforma protestante e poi del giacobinismo: non a caso l’inno ufficiale della Rivoluzione Francese viene dal sud della Francia, la famosa “Marsigliese”.

Piero Marazzani, febbraio 2001